Karl Marx e la razionalizzazione del lavoro

 La razionalizzazione del lavoro, oltre agli aspetti positivi, ha sollevato anche aspetti problematici.

E' Karl Marx a denunciare questi ultimi.
Per lui infatti l'aumento della produttività andava a vantaggio solo dell'imprenditore e non dell'intera collettività. 
La divisione del lavoro invece, diventava fonte di disuguaglianza sociale, in quanto contrapponeva le classi degli imprenditori a quelle dei proletari.
Inoltre la razionalizzazione implicò l'impiego di personale poco qualificato. E' conseguentemente ovvio che tale dequalificazione costituisce un impoverimento dal punto di vista professionale, poiché gli individui non sono considerati in quanto persone, ma in quanto ingranaggi di una macchina.
Secondo Marx la ripetizione di una mansione sempre uguale, impedisce al lavoratore di cogliere il senso dell'intero ciclo produttivo. In questo senso l'operaio non è più padrone del proprio lavoro, ma si sente estraniato e allontanato da esso. Il lavoro diventa per lui solo il mezzo per procurarsi da vivere e questa condizione viene denominato con il concetto di alienazione
L'alienazione indica per Marx non soltanto la condizione del lavoro operaio, ma anche la natura stessa della produzione capitalistica, che è inevitabilmente fonte di conflitti sociali, in quanto fondata sulla disuguaglianza tra la classe degli imprenditori e quella dei proletari. 
Il concetto di alienazione si è rivelato un problema sociale molto diffuso, che oggigiorno è diventato una condizione d'impotenza e di isolamento. 

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