Dalla modernità borghese alla modernità scientifica

 Nel XIX secolo, nell'ambito pedagogico, si sviluppò la cultura positivista.

La modernità scientifica si alimentò dell'idea di progresso posta da Auguste Comte, il quale ricostruì l'intera storia dell'uomo.

La scienza e il metodo sperimentale, secondo Comte, sono le vie maestre per accedere alla conoscenza e alla verità in modo definitivo e corretto.

Il secondo principio della modernità scientifica, è invece deposto nella nozione di evoluzione.

Su questo ambito lavorò Charles Darwin, che elaborò l'evoluzione della specie e dell'uomo stesso.

Anche il problema educativo fu concepito come un campo di applicazione ampia delle leggi evolutive messe a punto sul piano biologico, psicologico ed etico.

Per marcare la novità di cominciò a parlare non più di pedagogia, ma di scienze dell'educazione, alla quale venne affidato il compito di garantire l'ordinato sviluppo della società.

Sotto questo punto di vista la pedagogia non solo avrebbe dovuto favorire l'istruzione dei ceti incolti, ma anche trasmettere l'insieme dei valori reputati socialmente utili, quali la disciplina, il patriottismo e il rispetto.

Herbert Spencer presentò le tesi dell'evoluzione come legge universale valida per la società umana. Secondo lo studioso, la legge dell'evoluzione poggi su tre caratteristiche specifiche, fra cui il passaggio da una forma meno coerente a una più coerente, il passaggio dall'omogeneo all'eterogeneo e il passaggio dall'indefinito al definito.

L'intelligenza umana, inoltre, altro non sarebbe che un dato ereditario consolidato durante l'evoluzione mediante un progressivo accumulo di esperienze.

Spencer definì anche la propria concezione circa l'educazione, la quale doveva svolgersi tenendo conto prima di tutta della condizione di “essere naturale” dell'uomo.

Il fine dell'educazione è perciò strettamente legato alla concezione dell'uomo naturale, che esprime attività che hanno carattere prioritario per la conservazione della specie umana.


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